Nuovo numero della Rivista: Lanterna Rossa N° 11

Pubblichiamo il nuovo numro della rivista Lanterna Rossa redatta dai compagni/e di Genova, per chidere le copie della rivista e per contattarli scrivete a : lanternarossage@gmail.com o www.lanternarossa.wordpress.com

USCITO LANTERNA ROSSA N° 11
Rigore e ricette per la crescita:due prospettive, la stessa gabbia!

Editoriale/Il termometro della crisi/Ecco il modello tedesco…/La loro ricetta per la ‘crescita’: più lavatrici, meno lavoratori!/Riforma Fornero e forza lavoro giovanile/ La maschera dell’art.18 e le vittorie facili/News universitarie/Da Origgio a Pioltello/Piacenza: una bella giornata di lotta/Assemblee, manifestazioni, attività/Intervento davanti alle fabbriche.
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per leggere l’editorale: 

Intellettualini di ogni risma da parecchio tempo lo stanno menando con la storiella che la parola ‘crisi’, in cinese, sarebbe composta da due ideogrammi, il primo che significherebbe pericolo, il secondo, invece opportunità.

Da qui, con una bella intuizione antropologica, vorrebbero infonderci una massiccia dose di ottimismo, facendoci notare come la crisi non rappresenterebbe esclusivamente un pericolo (disoccupazione, licenziamenti, inceppamento della produzione) ma anche, o forse soprattutto, un’opportunità per uscire dalla palude, emanciparsi dai nostri limiti strutturali, rinnovarsi per il rilancio.

Non é forse quello che, con parole simili, la ‘politica’, tecnici o casta che siano, continua a ripeterci? Tenere sotto controllo debito e spesa pubblica per ‘rassicurare i mercati’, inaugurare quelle riforme strutturali per eliminare quelle inefficenze che da trent’anni pesano sullo ‘sviluppo’ italiano e finalmente sgomberare il cammino per l’agognata crescita. La crisi, insomma, ci darebbe finalmente l’opportunità di lavorare per la crescita! Il messaggio, però, risulta tronco, dal ‘super – tecnico’ all’ultimo dei deputati la ‘danza della pioggia’ alla ricerca della ‘crescita perduta’ manca di sottolineare cosa significhi ‘crescita’ e soprattutto per chi. Per lor signori, infatti, l’uscita dalla crisi capitalistica consiste nel rendere nuovamente profittevoli i loro investimenti tanto nella produzione quanto nella finanza, nel rastrellare nuovo capitale per andare a rimpinguare i propri dividendi e staccare nuove cedole, nell’aumentare la produttività rendendosi più competitivi nel saturo mercato internazionale.

‘L’opportunità’ della loro crisi, sta nella loro necessità di ristrutturazione del processo produttivo, per poter produrre di più e in meno tempo, tornando a fare lauti profitti.

La crescita che agognano passa dalla costante espulsione di forza lavoro, dall’aumento dei ritmi di lavoro, dalla flessibilizzazione dell’intero processo. Non é forse questo quello che intendono quando parlano di rendere più competitivo il ‘sistema paese’? Le dinamiche della crisi non fanno altro che rendere più evidente quello che é il funzionamento naturale del capitalismo, da quando si sviluppa a quando entra ciclicamente in crisi.

E la realtà più evidente é che la ‘crescita’, lo ‘sviluppo’ non si crea, s’impone.

A chi? In primis ai salariati del proprio paese con l’aggravamento delle condizioni di lavoro e del saggio di sfruttamento, precondizione per imporre la propria crescita, in secondo luogo, ai concorrenti, strappando settori di mercato, imponendo le proprie merci, i propri capitali, le proprie banche e le proprie assicurazioni a detrimento di quelle tedesche, americane e cinesi. Merci e capitali che vanno difesi nella contesa internazionale, oggi con le ‘manovre economiche’, domani con le armi. Il grande capitale italiano, ben cosciente del suo compito, si sta difendendo dalla sua crisi, tentando di scaricarla sugli altri, questa, volenti o nolenti é la loro soluzione.

Da parte nostra, da parte di chi vive del proprio lavoro, da parte di chi non ha capitali , banche e mezzi di produzione da difendere, la ricerca di una propria indipendenza sindacale, politica e organizzativa passa anche dalla costruzione di un punto di vista indipendente dei nostri interessi e della nostra classe.

La rincorsa alla crescita, l’accettazione della logica dei sacrifici non fa che renderci succubi di interessi altrui, sviandoci dalla difesa dell’unica merce che realmente dovremmo difendere, cioé la nostra forza lavoro che quotidianamente vendiamo o, in quanto studenti, dovremo vendere sul mercato del lavoro. Forse, alla fine, gli ‘intellettualini, con la storiella del pericolo/opportunità, in parte avevano ragione e la crisi offre anche a noi un’occasione.

L’occasione di smarcarci dal loro punto di vista, per riprendere, fortificare e rilanciare il nostro. L’occasione di sganciarci dalle loro soluzioni che paghiamo noi a prezzo intero. Iniziare a difenderci dalla loro crisi e dalla loro crescita che poi sono due lati della stessa medaglia, dello stesso sfruttamento, dello stesso decadente capitalismo. Opporsi alla crisi é possibile, e le esperienze che riportiamo in questo numero della rivista ne sono la dimostrazione.

Certo é che tutti gli sforzi saranno vani se non riusciremo a vincere anche la sfida della chiarezza, smarcandoci da illusioni ‘sviluppiste’ che vedono ancora possibili vantaggi per i lavoratori nell’uscita capitalistica dalla crisi capitalistica.

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