CRISI: UN ANGOLO PARTICOLARE DEL GIORNALISTA.

La prima fase della spending review di questi giorni, dopo l’Imu e l’art. 18,dopo i tagli alle pensioni e  salari,   parla di tagli alla sanità, chiusura di tribunali, tagli alle province, ma soprattutto licenziare  i dipendenti pubblici, per rispondere alla crisi, dicono governo e giornalisti, e diminuire il debito, maledetto debito.

Nei prossimi giorni tutti approfondiremo i vari aspetti dei tagli e delle conseguenze che avranno sulla vita concreta dei lavoratori, precari, pensionati, perché è chiaro, che su queste classi sociali si abbatte oggi e si abbatterà in futuro, la scure dei tagli, non certamente per i ricchi.

Sulla spending, Mi piace mettere in evidenza un angolo particolare di un giornalista, (che almeno teoricamente dovrebbe essere  libero da pressioni editoriali, visto che  “il  Fatto quotidiano” è un giornale che critica tutti, non guarda in faccia a nessuno, ma alla fine è lì a svolgere il ruolo di tutti gli altri giornali, che seppur critico è comunque il  difensore del sistema), perché la sua visione della crisi e di come risolverla è presente in ampi settori sociali  della cosiddetta sinistra a partire proprio dalla spending review.

Il giornalista critica tutti quelli che si lamentano della manovra attuale e di quelle appena approvate affermando che: tagli sì,  ma non nel mio giardino.

Eppure, dice il giornalista, qualcosa bisogna pur fare, per evitare fallimento e guerra civile, fame, recessione e inflazione.

In pratica approva questa manovra perché i tagli sono necessari ad evitare catastrofi peggiori, dimostrandosi per quello che è: prigioniero del sistema del capitale, perché lui non vede nessuna alternativa all’ attuale modo di produrre merci.

Il debito esiste e qualcuno lo deve pagare. Chi? Ma è chiaro: i fancazzisti insieme ai politici, le banche  e  gli operai, i dirigenti e i furbi.

Insomma tutti insieme appassionatamente, borghesi e proletari,(ma esistono ancora per costui?) ricchi e poveri.

Lui (ed altri come lui) è come Monti,  vorrebbe una manovra equa e che tutti facessero i sacrifici, almeno per salvare la faccia.

Ma i borghesi e i ricchi  non fanno neanche quello,(salvarsi la faccia), perché sono così degenerati e corrotti che ormai  ce l’hanno al posto del culo.

Il nostro giornalista, e con lui tutta quella parte sociale che crede ancora di poter salvare la democrazia,  non si chiede neanche se questa manovra, dopo le altre, e le altre che verranno, servirà al fine di cui parla, di ridurre il debito ed evitare fallimenti.

Non lo sa, ma glielo diciamo noi, che le banche e le finanziarie, hanno tanti di quei soldi virtuali che non basteranno altre cinquanta manovre come questa, o peggiori di questa , che il risultato finale sarà quella guerra che lui vorrebbe evitare, Unica strada storica per distruggere merci e capitali e poter ricominciare daccapo a fare le stesse cose di oggi: profitto. D’altronde per  recuperare 1800 miliardi di deficit ce ne vogliono di manovre contro le masse popolari .

I governi  sanno molto bene che sono sull’ orlo del baratro finanziario, che non significa che crolleranno domani, ma  l’ultimo monito, in termini di tempo, di venerdì 6 luglio 2012,  lanciato dalla  direttrice del fondo monetario internazionale, Christine Lagarde, è significativo della profondità della crisi del capitale: investimenti, produzione e disoccupazione sono a livelli preoccupanti, dice la direttrice.

Questo dovrebbe pur significare qualcosa per chi pensa, come il nostro giornalista, che basta colpire le rendite(che pure vanno colpite) o nazionalizzare le banche( senza avere il potere) o aumentare i salari( che pure vanno difesi) per dare una risposta alla crisi.

I governi e i giornalisti che amano questo modello economico, sanno che devono colpire(anche se non vorrebbero)  la massa delle classi sociali proletarie e, soprattutto, devono convincerle(qui ci pensano i giornalisti) che i sacrifici sono necessari per uscire dalla crisi.

E allora via libera alla manovra del governo. Licenziamenti, tagli sul salario e stipendio, tagli alle pensioni, massima flessibilità in uscita(sempre licenziamenti), lavoratori alla mercé dei padroni e delle cooperative per lavorare 80 ore settimanali e poi essere licenziati.

Fino ad oggi non ci sono state sommosse, le classi lavoratrici, pensionati, precari e giovani,( a cui ci pensa ancora mammà) hanno ancora margini per tirare a campare; ma la corda si sta tendendo e prima o poi si romperà. Dove?

Il fatto che la corda si rompa non significa che sia a noi più favorevole, nel senso di un rafforzamento anti-borghese, ma che noi ci dobbiamo giocare le carte che la condizione storica ci mette a disposizione, questo è necessario farlo a partire da ciò che oggi si muove.

Intanto tutto il settore della logistica, dove lavorano, al 99% , proletari immigrati, si sono messi in moto dopo anni di sfruttamento, e richiedono a voce alta rispetto e diritti con lotte e coraggio esemplari, contro le nuove forme di schiavitù salariata: le cooperative e lo stato che li difende.

Il 33 percento dei giovani da 15 a 29 ANNI sono disoccupati. Questa è una bomba destinata a scoppiare, proprio come è successo nelle rivoluzioni della primavera araba, con tutta la  rabbia giovanile  distruttiva, non appena matureranno le condizioni sociali, di cui in primis le attuali manovre che vanno a colpire anche questo settore.

Manca al momento la classe operaia Italiana. Ma arriverà. Certo non in modo meccanico.  Basta aspettare le prossime manovre del governo che colpirà ulteriormente le classi sociali più povere,  e aspettare di vedere  come precipiterà la crisi del sistema manifatturiero che travolgerà anche la finanza , per vedere in azione gli operai Italiani, che unitariamente ai giovani e agli immigrati faranno fronte unico contro il loro nemico di sempre: il sistema del capitale e i suoi difensori per la costruzione di un mondo libero dalla schiavitù salariata.

Intanto l’esempio di lotta che arriva dai lavoratori greci e spagnoli delinea un possibile scenario per  il prossimo futuro in Italia e in Europa!

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