Sullo sciopero del 27 gennaio…. Uno splendido isolamento, di classe

Condividiamo e pubblichiamo l’analisi dei compagni/e di Lanterna Rossa di Genova ,in meritoallo sciopero del 27 Gennaio scorso.

Crediamo che l’analisi vada nella direzione corretta, entro il quale i lavoratori e i compagni devono porsi per affrontare da subito le manovre di attacco ai diritti e alle condizioni di vita dei proletari portate avanti dal governo monti e dalla borghesia.

Di fronte alla situazione di crisi capitalistica, e alle manovre approntate dal Governo dei tecnici, parte del sindacalismo di base (Usb, Orsa, SlaiCobas, Cib Unicobas, Snater, Si.Cobas, Usi) hanno deciso l’indizione di uno sciopero generale per il 27. Alla classica manifestazione romana, a favore di telecamera, in questa occasione, si é affiancata l’iniziativa del Si.Cobas a Milano, con il lancio di un presidio cittadino. Poco crediamo negli scioperi generali caduti dall’alto con scadenza periodica, ancor meno ci incantano le sfilate più o meno partecipate di quei sindacati che non esistono fattivamente nei posti di lavoro, ma che sotto le luci dei riflettori diventano grandi ‘rivoluzionari’ contro banchieri, politici, Unione europea, ecc…Il presidio milanese si proponeva di essere tutt’altro; si trattava di cercare di far convergere in una stessa piazza quei lavoratori che nei mesi e negli anni scorsi hanno duramente lottato sul proprio posto di lavoro, non soltanto gli operai delle cooperative, ma anche di altre realtà che, spinti dalla crisi, stanno iniziando a muoversi. Su questi presupposti, sulla volontà di incontro e confronto proposta dal Si.Cobas abbiamo deciso di andare a Milano sia noi, sia i compagni del Sin.Base.
Certo è che queste occasioni, per avere un senso, devono essere preparate con e tra i lavoratori; per evitare di cadere in quegli errori da noi stessi criticati. Per questo motivo abbiamo sentito la necessità di organizzare una riunione, in cui discutere dello sciopero e della nostra partecipazione, dei motivi che ci hanno spinto a prendere le distanze dalla piazza mediatica romana. Una distanza che non è dettata dalle beghe tra sigle sindacali o gruppetti, così come uno sciopero generale non dovrebbe esserne la sterile somma. Quello che davvero diventa il discrimine per una collaborazione o meno è la pratica di lavoro, sono le rivendicazioni e la piattaforma sulle quali si basa uno sciopero ma soprattutto sulle cui basi si fonda il lavoro sindacale e politico quotidiano.
Nei mesi scorsi abbiamo assistito ad un vero e proprio sbandamento a destra e a sinistra, tutti alla rincorsa di un movimento, tutti a voler corteggiare, tirare e farsi tirare da altri, tutti a cavalcare gli stessi slogan che cambiano con la velocità con cui cambia il vento. Noi il debito non lo paghiamo, rivogliamo la sovranità monetaria, è tutta colpa di Berlusconi, no della BCE e di Sarkozy! Il tutto teso a riunire sotto lo stesso tetto vacuo e interclassista più soggetti possibili…e il 15 ottobre a Roma ne è stato un emblematico e triste esempio!
Sembrerebbe quasi che la crisi sia il frutto di un manipolo di malvagi speculatori che dall’alto dei loro palazzi si divertano a pungolare il ‘popolo’ quasi fossero dei maghi vudù. Ma quali maghi e quale vudù! La crisi è strutturale, è instrinseca nel sistema capitalistico stesso e lo stadio evolutivo finanziario non ne è causa, bensì effetto. Tutti, e ripetiamo tutti, sentono e percepiscono le conseguenze di questi anni di recessione economica. Ma se i borghesi e la loro classe non possono che rispondere preservando il loro profitto, e quindi colpendo al cuore la classe lavoratrice, questa non può che rispondere proteggendo i suoi interessi. E’ proprio in questa situazione che si delineano perfettamente gli interessi di classe divergenti, è proprio nelle differenti risposte alla crisi che tutta l’ideologia dello Stato, del popolo, della democrazia (quanta retorica! E quanto indottrinamento borghese!) fanno spazio alla lotta tra le classi, che i padroni sanno combattere molto bene! Un sindacato degno di questo nome è un sindacato che difende gli interessi generali della classe operaia, che organizza giorno dopo giorno i lavoratori sui propri posti di lavoro, gli studenti nel loro parcheggio chiamato sistema educativo e i disoccupati nelle loro peregrinazioni tra uffici di collocamento e agenzie interinali. Occorre uscire dalla propria situazione individuale, superare la frammentazione che sempre più ci opprime e combattere per gli interessi che sono nostri e di tutta la classe. E’ necessario capire l’importanza dell’organizzazione anche in un’attività di agitazione; tanti passi uno di seguito all’altro con l’obiettivo di unire realmente la forza-lavoro (ex, attuale, futura…). In tutto questo lo sciopero non può che essere il punto di arrivo di un percorso e non il punto di partenza.
Il presidio del 27 a Milano, per noi, ha rappresentato un reale tentativo in questo senso; dopo anni di mobilitazioni all’interno dei magazzini di logistica si è sentita la necessità di dare una rappresentazione di piazza e testare la rete che nel tempo si è cercato di tessere. Nel bilancio complessivo della giornata il risultato è stato intermedio, sebbene la partecipazione sia stata buona, è emersa la difficoltà di far comprendere la centralità di questo passaggio politico. Non c’è però certo da scoraggiarsi, la sfida era importante e i risultati fondamentali per calibrare, programmare, preparare le tappe successive di questo percorso.

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