Cooperative … Un’altra storia di ordinario e disumano sfruttamento.

Si pensava dopo anni di lotte e denunce, di aver scoperto tutto di un fenomeno così vasto e inquietante per l’illegalità diffusa, e, invece, quello delle cooperative riserva ogni volta sorprese e novità che la dicono lunga sulla capacità mimetica e la creatività che la classe padronale sa esprimere nella sua quotidiana opera di sfruttamento del lavoro salariato, che ci ricorda molto quello disumano e infernale delle prime manifatture.

Presso lo stabilimento Sicrem di Pizzighettone la cooperativa Max System del consorzio Premium Net recita lo stesso copione, con alcune varianti degne della più fervida fantasia, che, però, non riescono a mascherare una situazione di antisindacalità ad ampio spettro.

Oltre alle sistematiche violazioni delle norme contrattuali in materia di orario di lavoro e di riconoscimento di indennità e maggiorazioni retributive, si è affiancata la novità di un prospetto paga, inviato per posta, in cui figurano solo 10 giorni lavorativi per un lavoro che viene svolto dagli operai 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, a pieno ritmo e con un orario che, frequentemente eccede abbondantemente quello fissato dal contratto; il resto della retribuzione è corrisposta a forfait tramite bonifico.

Un accorgimento che, se voleva essere una dimostrazione di strategia adattativa in tempi di crisi, rivela soltanto l’improntitudine di chi vuol guadagnare denaro facile sulla pelle dei lavoratori attraverso furti retributivi ed evasione fiscale e contributiva. Eppure i lavoratori avevano tentato più volte la via del confronto, ma si erano trovati di fronte, come sempre, ad una tattica dilatatoria, ad un comportamento che mirava a logorare la loro capacità di resistenza, fatto di false promesse, di disponibilità dichiarate e mai mantenute, di minacce di licenziamento, di tentativi di comprare, con cifre irrisorie rispetto ai furti retributivi perpetrati, il favore di alcuni di loro.

Se la via del confronto e del dialogo aveva evidenziato l’arrogante convinzione dei vertici della cooperativa di farla franca, lo sciopero scattato il 3 marzo, con la volontà risoluta dei lavoratori di bloccare i cancelli della Sicrem, dopo che era stato proclamato dal SI COBAS lo stato di agitazione, ha avuto l’effetto immediato di indurre la dirigenza della cooperativa a rientrare dal suo comportamento antisindacale, prima ancora che il blocco iniziasse .

La sottoscrizione di un verbale di accordo tra la cooperativa e il SI Cobas, poneva fine per ora, al contenzioso.

Ancora una volta la dignità e la lotta per i propri diritti, ha visto i lavoratori e il sindacato SI COBAS svolgere anche una funzione suppletiva e surrogatoria rispetto alla assenza totale delle istituzioni preposte all’attività di vigilanza, controllo e repressione in materia giuslavoristica. Quella della cooperativa del consorzio Premium Net non è un caso isolato.

Tutti sanno che le cooperative configurano spesso e volentieri una attività di intermediazione illecita di manodopera e quindi di caporalato diffuso, ma che è anche il modo con cui si sfrutta a bassissimo costo forza lavoro, violando norme interpretative di legge e controlli collettivi firmati da quei sindacati confederali che, però, si guardano bene da farli rispettare.

Esse, le cooperative, sono il portato di una idea di sviluppo sociale ed economico basato sul ruolo autoreferenziale e centrale del capitale come protagonista assoluto e senza mediazione del processo di produzione. Un modello che pensa di fare a meno del lavoro, della sua intrascendibilità rispetto alla costituzione materiale di ogni forma di sviluppo economico-sociale e di modo di produzione, non può che basarsi su meccanismi di accumulazione della ricchezza che originano dalla rapina sistematica del salario, dalla privatizzazione delle risorse “pubbliche” e da strategie di preservazione e utilizzo della forza lavoro a basso prezzo.

 Oggi non si è poveri perché disoccupati o sottoccupati, ma in quanto lavoratori: si lavora per essere pagati al di sotto del valore medio della forza lavoro! Uno sfondamento, ormai, che ha potuto imporre le proprie trasformazioni grazie alla regressione trasformistica e collaborativa dei sindacati confederali, i quali, presenti in ogni dove e organizzando la stragrande maggioranza dei lavoratori, hanno saputo dichiarare alla perfezione il proprio ruolo di complici e collaboratori del sistema nella sua opera di costruzione di relazioni egemoniche finalizzate a garantire la pace sociale e la conservazione della subordinazione del lavoro al capitale.

Al punto che oggi il lavoratore, sempre più flessibile e precario, non ha nemmeno la coscienza di essere un lavoratore, e, perciò la coscienza di essere titolare di diritti. È un lavoratore senza la dignità di essere tale.

Il lavoro, che è la pura estrinsecazione delle sue energie e capacità, gli appare come altro da sé, una proprietà e caratteristica del capitale che esso stesso produce, sempre più visto come ciò che da lavoro (= datore di lavoro).

Il dominio del capitale riposa, però, sulla fragilità di una illusione che, basata sulla falsa coscienza, ha la pretesa di essere reale, ma che non regge all’impatto della coscienza operaia che lotta. Come hanno dimostrato i lavoratori della Sicrem di Pizzighettone, la volontà di scendere in lotta, di dar vita ad uno sciopero vero, spezzando il meccanismo della delega, dimostra che sul terreno reale dei rapporti di forza è possibile sconfiggere sul terreno della difesa economica il capitale, instaurando quei vincoli sociali di solidarietà tra i lavoratori in lotta, quale condizione per la costruzione di una coscienza di classe, elemento fondamentale di critica della datità sociale su cui costruire una identità collettiva e un programma politico di liberazione dalla schiavitù salariale.

a cura del S.I. Cobas

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