Mercoledì 15 maggio 2013 si è tenuto il secondo sciopero nazionale dei lavoratori della logistica, indetto dai sindacati SI Cobas e ADL Cobas per il rinnovo del Contratto nazionale di lavoro. Lo sciopero è stato un successo ovunque è stato organizzato, nei poli logistici del milanese (Settala-Liscate, Peschiera Borromeo, Carpiano), a Piacenza (TNT, GLS, Ikea), Bologna, Padova e Verona, Roma e (per la prima volta) Ancona, con partecipazioni vicine al 100%.
In particolare a Bologna è stata bloccata gran parte dell’attività dell’enorme Interporto, che occupa diverse migliaia di lavoratori, e a Piacenza, dopo mesi in cui l’offensiva padronale aveva diviso il fronte dei lavoratori, la paura è stata sconfitta e lo sciopero è tornato unitario in tutte le tre cooperative presenti. È stata bloccata gran parte dell’attività dei maggiori gruppi della logistica: TNT, GLS, DHL, Bartolini, SDA.
Lo sciopero è stato un’occasione anche per informare i lavoratori incerti sulle motivazioni della giornata di lotta. Il vecchio contratto è stato infatti disdetto in anticipo dal fronte padronale che ha presentato una propria “piattaforma” che comporterebbe un arretramento di decenni per i lavoratori: più ore da lavorare (un’ora in più la settimana, eliminare 2 giorni di ferie e 32 ore di permessi all’anno, ecc.) per meno salario (via anche la 14a per i nuovi assunti, non pagamento della malattia al 100%), introduzione del lavoro a chiamata, inasprimento delle punizioni per infrazioni disciplinari, riduzione dei diritti sindacali. I sindacati confederali da mesi stanno trattando con le associazioni padronali senza informare i lavoratori.
SI Cobas e ADL Cobas hanno presentato una piattaforma che oltre a respingere i peggioramenti richiesti chiede il mantenimento delle condizioni contrattuali (inclusa l’anzianità) in caso di cambio di appalto, la possibilità per il lavoratore di scegliere se essere anche socio o solo dipendente (spesso i regolamenti interni delle cooperative peggiorano le condizioni contrattuali), il divieto di dividere i lavoratori tra più cooperative in uno stesso cantiere, il pagamento al 100% di malattia e infortunio, la riduzione dei livelli retributivi e 150 euro di aumento uguale per tutti. All’Ikea di Piacenza ad esempio i lavoratori incerti hanno aderito allo sciopero dopo averne apprezzato le motivazioni.
Dato che la stragrande maggioranza dei lavoratori ha scioperato, non vi è stato bisogno di bloccare i camion. Anche in Campania squadre di “propaganda” hanno utilizzato la giornata per informare i lavoratori non organizzati di alcuni magazzini a Marcianise. Dopo due scioperi nazionali riusciti il padronato del settore ha buoni motivi di riflettere se il rifiuto di trattare la piattaforma dei due sindacati di base non rischi di rivelarsi controproducente.
Lo sciopero di oggi, ancor più del precedente del 22 marzo, è una lotta in controtendenza nel panorama delle lotte operaie italiane ed europee. Non una lotta di difesa del posto di lavoro o contro misure di “austerità”, ma una lotta per il salario, le condizioni di lavoro, i diritti sindacali. Non l’arroccamento alla ricerca di una visibilità mediatica, ma il classico sciopero che arresta la produzione, per indurre i padroni a discutere le richieste operaie. E un generale sentimento di ritrovata dignità e rispetto tra i lavoratori che abbandonano il fatalismo rinunciatario e con lo sciopero diventano artefici del proprio destino. Questa specificità è da un lato dovuta a fattori oggettivi, come il fatto che questo settore risente meno della crisi, la giovane età di gran parte dei lavoratori, il loro essere per oltre il 90% immigrati e quindi senza riserve accumulate in anni di vacche grasse, le condizioni spesso semischiavistiche di sfruttamento da cui lottano per liberarsi, e la minore influenza del sistema politico-sindacale istituzionale, e per gli arabofoni l’eco di piazza Tahrir.
Ma questi fattori esplosivi hanno trovato un catalizzatore in una azione sindacale ‘militante’ che esalta la radicalità della lotta anche se è pronta a cogliere il risultato dei mutati rapporti di forza in accordi che migliorino visibilmente le condizioni di lavoro e salariali. Siamo consapevoli dei limiti “sindacali” di queste lotte: raggiunti specifici e limitati obiettivi esse tendono a rifluire e manca un clima sociale generale che proponga obiettivi più avanzati. Esse tuttavia colpiscono grossi interessi e provocano dure reazioni padronali – ora soprattutto nel regno bolognese delle “coop rosse”, dove Coop Adriatica e Granarolo hanno colpito i lavoratori in lotta rispettivamente con 9 licenziamenti e 60 sospensioni, nel tentativo – riuscito (per ora) all’Esselunga e fallito all’Ikea di estirpare il sindacalismo militante e garantire il monopolio al sindacalismo addomesticato dei confederali.
La risposta alla reazione-repressione padronale fa assumere a queste lotte connotati più politici e contribuisce a farle divenire punto di riferimento per l’area politica anticapitalista. Mentre il grillismo a caccia di voti moderati mostra il suo volto reazionario con le sparate nazionaliste anti-immigrati, le lotte nella logistica uniscono uomini e donne provenienti da decine di paesi di tutto il mondo oltre che italiani, accomunati dai comuni interessi di lavoratori salariati al di là del colore della pelle. Riteniamo importante sostenere queste lotte, per il loro schietto contenuto di classe e per il loro carattere anticapitalista e potenzialmente internazionalista. A partire da esse occorre costruire la ripresa del movimento di classe in Italia.
Collettivo La Sciloria Gruppo Comunista Rivoluzionario Comunisti per l’Organizzazione di Classe