Pubblichiamo alcuni spunti di riflessione che abbiamo scritto lo scorso 25 Aprile e che rimangono oggi ancora attuali, con questo piccolo contributo vogliamo rimarcare il fatto che la liberazione è ancora da fare.
Siamo profondamente convinti che il ricordo dei partigiani e della resistenza di ieri può avvenire solo perseguendo sul campo la resistenza di oggi: nei posti di lavoro,nei territori ,nelle scuole. Contro l’attacco generale alle nostre condizioni di Vita.
LA LIBERAZIONE E’ ANCORA DA FARE!
di seguito il documento
LA RESISTENZA DI IERI:
Il 25 Aprile 1945, grazie al coraggio e al sacrificio dei/delle partigiani/e, l’Italia veniva liberata dal regime nazifascista.
Centinaia di migliaia di uomini e donne combatterono in prima linea sulle montagne, nelle città, nei paesi e all’interno delle fabbriche, trasmettendoci un inestimabile patrimonio di valori tra cui il coraggio, la lotta, il sacrificio e la determinazione.
Questa data rappresenta dunque un punto di riferimento importante ma da sola non può bastare a guidare le lotte di oggi, perché le classi sociali vittime dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo non sono ancora state liberate!
Non possiamo commettere l’errore di credere che la società odierna, frutto del capitalismo più sfrenato, possa essere semplicemente riformata così da raggiungere il più alto grado di emancipazione.
Al termine della guerra le forze reazionarie rappresentate in maggioranza dalla Democrazia Cristiana si riorganizzarono per riciclare e reimpostare il sistema capitalistico italiano. A livello internazionale la divisione del mondo in due blocchi opposti si stava formando, per l’imperialismo americano l’Italia rappresentava un avamposto fondamentale per fronteggiare l’area di influenza sovietica che a quel tempo si espandeva fino alla vicina Jugoslavia di Tito. Per questo la possibile rivoluzione proletaria nella penisola fu temuta e osteggiata con tutte le forze dal governo Truman. In questo senso i veri valori “democratici” furono calpestati da occulte operazioni paramilitari, culturali e politico/religiose concordate tra varie forze anticomuniste. I fascisti freschi di sconfitta tornarono comodi, la Mafia al sud garantiva controllo del territorio, il Vaticano l’annebbiamento delle menti delle masse da manovrare e la DC la giusta rappresentanza parlamentare di tutto questo. Insomma il ribaltamento della realtà stava iniziando a definire i comunisti come pericolo della pace da poco conquistata mentre chi aveva portato l’Italia al ventennio fascista si stava ricreando un ruolo attivo nella società.
Il PCI svolse un ruolo fondamentale nell’organizzazione della Resistenza, ma non possiamo tralasciare le posizioni che assunse in seguito.
Il segretario mai eletto del PCI, Togliatti, quando nel 1944 sbarcò a Salerno la prima cosa che disse ai giornali fu: “noi non faremo come la Russia.”
Questa fu la premessa dell’amnistia a favore dei fascisti che firmerà proprio lui come ministro di grazia e giustizia nel 1946, in questo modo molti dei sostenitori del regime fascista non pagarono mai per i crimini commessi. Basti pensare a come non furono mai destituiti prefetti, uomini degli apparati repressivi e più in generale delle istituzioni. Stessa cosa valse per i padroni che durante il ventennio sostennero il fascismo in cambio di maggiori garanzie e ovviamente di maggiori possibilità di sfruttare lavoratori/trici. Ricordiamo come durante la guerra molti compagni/e pagarono con la vita la difesa delle fabbriche.
I lavoratori che avevano lottato e dato la vita per combattere il regime videro così svanire il loro sogno di rivoluzione per una società “socialista”.
Oltre all’amnistia il PCI fece da freno alle lotte esplose nelle città e nelle fabbriche dove si rivendicavano migliori condizioni di vita e lavoro oltre all’eliminazione dei fascisti, che al contrario rientravano a pieno titolo ad occupare i vertici del potere.
In questo modo il partito dimostrò di non perseguire più gli interessi della classe operaia ma di essersi inserito all’interno del sistema istituzionale borghese, lasciando liberi di agire padroni e politici. Basti pensare a come nel 1960 il tentativo dei fascisti di rientrare a pieno titolo nella scena politica ed istituzionale attraverso un partito (MSI), fallì solamente grazie alla mobilitazione di operai e portuali genovesi! Da qui nacquero una serie di rivolte a livello nazionale che il PCI tentò di smorzare.
Durante il boom economico i padroni ricavarono grossi profitti dalle fabbriche sviluppate su un modello di produzione fordista, ma allo stesso tempo vide nascere un forte movimento operaio e studentesco.
Nel corso degli anni ’70 questi due movimenti raggiunsero dimensioni di massa e rivendicarono attraverso mobilitazioni di piazza e scioperi migliori condizioni di vita e di lavoro. Fu grazie alle lotte di chi ne fece parte che si conquistarono aumenti salariali e più diritti.
Per tutta risposta padroni e governi stroncarono il movimento su due fronti: da un lato smantellando le grosse fabbriche attraverso licenziamenti di massa, dall’altro attuando la ben nota strategia del terrore utilizzando la manovalanza delle formazioni fasciste dell’epoca, che come tutti sappiamo misero bombe e firmarono stragi ancora oggi senza un colpevole.
Il fascismo non è mai stato definitivamente cancellato dalla storia ma anzi sopravvive ancora oggi nelle strutture dello Stato, ed è al servizio di padroni e governi.
Il capitalismo stesso necessita dei fascisti per sopravvivere, reprimere e sfruttare in campo economico e politico! Il fascismo non è altro che un’altra faccia del capitalismo!
LA RESISTENZA DI OGGI:
Assistiamo ormai da molto tempo a forme di fascismo che si stanno imponendo in maniera forte e allo stesso tempo silenziosa all’interno della nostra società, tanto per citarne alcune:
- Il clima di razzismo e xenofobia che sentiamo inasprirsi in situazioni come quella attuale in cui migliaia di uomini e donne arrivano nel nostro paese fuggendo da guerra e fame;
- Il conseguente e preoccupante riemergere delle nuove destre neofasciste i cui militanti attaccano compagni/e, gay e lesbiche, migranti e contro chi secondo loro rappresenta una forma di diversità;
- Il consenso che un partito razzista, fascista e populista come la lega Nord riceve, in particolare tra i lavoratori;
- I tentativi da parte del governo e dei suoi apparati di imporre un modello di governo autoritario reprimendo con la forza chi cerca di contrastarlo;
- L’indottrinamento ad opera dei mass media che impostano l’informazione in maniera tale da diffondere paura e insicurezza e che impongono un modello culturale individualista, competitivo, della donna vista sempre più come oggetto;
- L’attacco diretto alle condizioni di vita e di lavoro di lavoratori e lavoratrici con il tentativo di eliminarne i diritti minimi come il contratto nazionale.
Queste sono solo alcune delle forme di fascismo già presenti durante il ventennio e che ritroviamo in chiave moderna nei nostri giorni.
La cultura fascista infatti non si esprime soltanto attraverso parate militari, slogan o simboli; ma si insinua come un cancro all’interno di leggi, riforme e nella diffusione di valori ben precisi.
Per questo secondo noi il fascismo e tutte le sue tendenze rappresentano l’altra faccia del capitalismo che per far fronte alle varie crisi economiche utilizza una deriva autoritaria per controllare le contraddizioni sociali; riteniamo quindi l’antifascismo una parte della più generale lotta contro il capitalismo.
Il dilagare di razzismo e xenofobia trova radici nel revisionismo storico portato avanti sia dalla destra che dalla sinistra istituzionale allo scopo di annientare la memoria e i valori della resistenza, e nei mass media che additano l’extracomunitario come nemico in modo da scatenare una guerra tra poveri.
Terreno fertile per queste tendenze e per la proliferazione di organizzazioni neofasciste è anche la condizione economico-sociale del proletariato: aumento del precariato, smantellamento del welfare (scuola, sanità, casa, ecc…), aumento dello sfruttamento lavorativo, diminuzione dei salari e la conseguente diminuzione del potere d’acquisto.
Dobbiamo ripartire dal conflitto ad iniziare dalle lotte dei lavoratori contro precarietà e licenziamenti ed essere presenti in modo continuativo nelle scuole, nei luoghi di lavoro e nei territori in modo da sviluppare percorsi di massa contro la distruzione dell’istruzione pubblica, la precarietà, lo smantellamento del welfare e le politiche di guerra; riaffermando così il diritto alla casa, agli spazi sociali, a un lavoro e un salario dignitoso. Occorre rilanciare le lotte sociali attraverso l’autorganizzazione per giungere finalmente ad un cambiamento radicale della società!
Siamo certi che i partigiani non hanno combattuto sacrificando talvolta le loro stesse vite per consegnarci una società come quella attuale, crediamo sia importante riprenderne gli insegnamenti e continuare la lotta fino ad una vera e definitiva liberazione!
Questo scritto vuole dare un piccolo contributo in ricordo del 25 Aprile, e un nostro punto di vista sull’importanza della resistenza di ieri e in particolare sulla necessità della resistenza di oggi.
Bella pagina ragazzi, cercavo delle info e idee sulla resistenza odierna e mi avete dato una mano!
Ciaoo! Silvia