Nonostante la macchina repressiva messa in campo dal regime di Gheddafi non si ferma in Libia la rivolta popolare. Una dopo l’altra le maggiori città stanno passando sotto il controllo dei manifestanti.
Il Colonnello e il suo entourage anche se in evidente difficoltà non sembrano mollare la presa e appoggiati da un esercito di 35mila mercenari stanno compiendo un vero e proprio genocidio (le vittime reali sono migliaia) ai danni di chi si oppone alla dittatura che si protrae da 40 anni. Sono in corso infatti raid aerei sulla folla mentre dalle vedette della Marina partono razzi verso le piazze in lotta.
L’onda lunga delle rivolte dei popoli arabi è giunta adesso al cospetto di un regime che fino a qualche giorno fa’ sembrava intoccabile e rappresentava il primo partner commerciale e politico del governo italiano nel Mar Mediterraneo. Interessi ghiotti come il petrolio e l’appoggio nella lotta all’immigrazione clandestina dall’Africa alla penisola. Interessi che adesso vedono il governo italiano in una posizione scomoda, schiacciato tra l’amico Raiss e l’Unione Europea che formalmente condanna la violenza del potere.
Dal canto suo Gheddafi ha capito come mettere in scacco l’UE (e in primis l’Italia), minacciare la fine del fronte comune sull’immigrazione vuol dire togliere linfa a governi che da anni fondano la loro politica sulla xenofobia e il razzismo. Inoltre la rinuncia ad un partner fidato (la Libia è il 4° esportatore di petrolio al mondo) potrebbe non essere un percorso semplice per gli stati dell’UE e potrebbe portare conseguenze economiche difficili in un periodo di crisi. Per questo gli scenari che si aprono sono molteplici e la mobilitazione di queste ore dell’Esercito Italiano rappresenta un segnale inquietante di quello che può succedere. Insomma ci sono prodromi di tempesta…
Sul fronte interno alla rivolta in corso un dato da analizzare è l’evidente disorganizzazione politica della rivolta, più guidata dalla fame di pane e diritti che da una vera ambizione di rinnovamento del sistema che rischia di generare un altro Rais in caso di colpo di Stato di qualche membro dei vertici militari magari gradito alle potenze estere e dall’Esercito.
Insomma premettendo che ogni popolo deve decidere autonomamente gli strumenti per il proprio cambiamento, crediamo che davanti a tanti interessi internazionali solo un popolo compatto nell’azione rivoluzionaria e antimperialista potrebbe, se guidato da un’avanguardia comunista, raggiungere l’obbiettivo più difficile e grandioso.
pubblichiamo sotto alcuni link di approfondimento: